Il conclave, che inizierà in Vaticano alle 16.30 di mercoledì 7 maggio per la scelta del successore di Papa Francesco, è la procedura con cui la Chiesa cattolica elegge un nuovo Papa al termine di un periodo di cosiddetta Sede Vacante, in seguito alla morte o alle dimissioni del precedente pontefice. Si apre ufficialmente con la chiusura delle porte della Cappella Sistina e l’esclusione di ogni contatto con l’esterno. L'origine della parola è latina (cum clave, “sotto chiave”) a indicare la clausura obbligatoria dei cardinali elettori, che restano isolati finché non raggiungono un accordo.
Il conclave moderno si svolge quasi sempre nella Cappella Sistina: quello del 2025, per la selezione del 267° pontefice, è il 76° conclave della storia e il 53° celebrato in Vaticano. L’uso si fa risalire ai tempi dell’elezione di Onorio III, avvenuta a Perugia nel 1216, dopo che i cardinali erano stati chiusi a chiave dai perugini per accelerare la scelta del pontefice; sono, tuttavia, le circostanze che, dopo uno stallo durato 2 anni e 9 mesi, accompagnarono l’elezione di Gregorio X, a Perugia nel 1268, ad aver reso iconico il termine.
Secondo il diritto canonico, può essere eletto qualsiasi uomo battezzato, celibe e non sposato, anche se non fa parte del Collegio cardinalizio. Nella storia recente, però, il nuovo pontefice è sempre stato scelto tra i cardinali presenti in conclave (Repubblica).
I protagonisti sono i cardinali elettori, ovvero i porporati con meno di 80 anni. Al momento sono 135, ma in due non parteciperanno per motivi di salute, facendo scendere il numero totale a 133, il più alto di sempre e superiore anche a quello, pari a 120, indicato nella “Universi Dominici Gregis” (Vatican News), cioè la Costituzione apostolica, promulgata da Giovanni Paolo II e aggiornata da Benedetto XVI, che regola la procedura.
A presiedere i lavori è, di norma, il decano del Collegio cardinalizio: poiché l’attuale, il cardinale Giovanni Battista Re, ha già superato gli 80 anni, al pari del sottodecano Leonardo Sandri, a guidare il conclave sarà, per anzianità di nomina, il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato con Francesco.
Il processo inizia con le congregazioni generali, riunioni preliminari che preparano il terreno all’elezione, e culmina nella “Missa Pro Eligendo Romano Pontifice” celebrata la mattina del 7 maggio nella Basilica di San Pietro. Tutti i cardinali elettori soggiornano nella Casa Santa Marta, il residence vaticano dove si era stabilito lo stesso Papa Francesco, che aveva rinunciato a vivere nell’appartamento apostolico.
I cardinali che hanno più di 80 anni non godono di elettorato attivo, ma partecipano alle congregazioni generali e possono comunque essere eletti al Soglio pontificio, soprattutto in quei casi in cui si desidera un cosiddetto pontificato di transizione.
Cos’è l’“Extra Omnes”?
All’apertura dei lavori del conclave, tutti coloro che non partecipano all’elezione vengono fatti uscire dalla Cappella Sistina: spetta al maestro cerimoniere vaticano mandarli fuori, con la celebre espressione latina “Extra Omnes”, ossia “fuori tutti”.
Per garantire la segretezza, all’inizio del conclave tutti i cardinali saranno privati dei loro dispositivi elettronici, inclusi apparecchi come gli smartwatch. Per tutta la durata del conclave non potranno inoltre far uscire notizie riguardo l’elezione né comunicare con l’esterno, nemmeno con i loro collaboratori. Non potranno neanche ricevere nessun tipo di stampa, ascoltare la radio o guardare la televisione (Il Post). Pure il brevissimo tragitto tra Casa Santa Marta e la Sistina sarà strettamente sorvegliato: i cardinali si sposteranno a bordo di mezzi blindati.
Durante le votazioni, è vietato ogni tipo di comunicazione anche con il personale ausiliario. Oltre ai religiosi, infatti, ci sono circa 50 laici con incarichi specifici: chi cucina e serve ai pasti, chi gestisce la liturgia, chi cura gli impianti, chi si occupa della pulizia o della sicurezza. Operano in totale isolamento, pernottando dentro le mura vaticane. La gestione della celebre stufa per la fumata è affidata a un tecnico interno, chiuso in conclave per tutta la durata del voto. Tutti sono vincolati dal giuramento solenne di segretezza, la cui violazione comporta la scomunica (La Stampa).
Il Papa deve essere eletto con il quorum dei due terzi, quest’anno fissato a 89 voti. Le votazioni possono andare avanti a oltranza, ma dopo il 33esimo scrutinio si passa al ballottaggio tra i due candidati più votati, fermo restando la soglia dei due terzi, che non cambia.
Ogni cardinale compila in segreto la propria scheda, scrivendo il nome del prescelto; poi la piega e, tenendola sollevata, la porta all’altare dove si trovano tre urne. Prima di inserirla pronuncia, sotto lo sguardo del Giudizio Universale di Michelangelo, il cardinale pronuncia: “Chiamo a testimone Cristo Signore, il quale mi giudicherà, che il mio voto è dato a colui che, secondo Dio, ritengo debba essere eletto”.
Se il quorum non è raggiunto, le schede sono legate insieme e bruciate con un additivo colorante nero, e dal celebre comignolo montato sulla Cappella Sistina esce una fumata nera; quando, invece, un candidato è eletto Papa, si usa un additivo bianco per produrre la storica fumata bianca.
A parte il primo giorno, si tengono fino a quattro scrutini a giornata, due al mattino e due al pomeriggio. Questo, però, non significa che ci saranno quattro fumate: più semplicemente, ce ne sarà una attorno a mezzogiorno, per riassumere l’esito delle votazioni del mattino, e una attorno alle 18 per quelle del pomeriggio. Ovviamente, se il Papa dovesse essere eletto prima di quel momento, la fumata sarà anticipata.
Una volta che il prescelto accetta l’elezione, sceglie il nome pontificale con cui vorrà essere chiamato e, quindi, accede alla cosiddetta Stanza delle Lacrime. Si tratta di una piccola sacrestia adiacente alla Sistina, dove si trovano tre abiti bianchi preparati in anticipo in tre taglie diverse, non conoscendosi quella del futuro Papa.
L’eletto si prepara, così, a comparire dalla loggia centrale della Basilica di San Pietro. Da lì, il cardinale protodiacono proclama il tradizionale “Habemus Papam”, seguito dalla prima benedizione urbi et orbi, cioè a Roma e al mondo, del nuovo Papa.
La tradizione di cambiare il nome dopo l’elezione al soglio pontificio è diventata una consuetudine nel corso dei secoli. Si lega alle origini della storia della Chiesa. Quello di Pietro è il nome del primo Papa. Tra i nomi più utilizzati dai pontefici dopo l’elezione ci sono quelli di Pio, Gregorio, Giovanni, Benedetto, Innocenzo, Leone e Clemente. Nell’elenco mancano, tra gli altri, quelli di Giuseppe, Giacomo, Andrea e Luca. Nessun Pontefice, finora, ha scelto di chiamarsi Pietro, come il primo (Vatican News).
Il conclave di quest’anno riflette profondamente l’impronta di Francesco: 108 dei 133 cardinali elettori sono stati creati da lui (Le Grand Continent). Questo ha modificato gli equilibri interni: con gli elettori provenienti da 71 Paesi diversi, per la prima volta gli europei non sono maggioranza (40%), mentre cresce la rappresentanza da Asia, Africa e America Latina.
Quanto alle sensibilità ecclesiali, il collegio è diviso tra conservatori, moderati e progressisti, con molte sfumature. Il pontefice uscente ha privilegiato cardinali legati alla pastorale e spesso provenienti da aree periferiche, penalizzando le grandi diocesi storiche italiane. L’Italia resta comunque la delegazione più numerosa, con 19 elettori.
L'incognita di questa elezione così affollata, rispetto al passato, è che molti cardinali non si conoscono tra loro, provenendo dagli angoli più disparati del pianeta (Il Messaggero).
La morte di Francesco ha amplificato un fenomeno culturale iniziato con l’uscita di “Conclave” di Edward Berger. Il film, inizialmente accolto con curiosità, è diventato virale sui social, alimentando un’estetica definita “Vatican-core”. Clip video e meme hanno trasformato il mondo cardinalizio in oggetto di culto online, con tanto di merchandise artigianale e sticker a tema liturgico. Si tratta, scrive Rivista Studio, di una deriva pop che mescola ironia e fascinazione per il mistero e la teatralità del conclave.