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Trump potrebbe davvero candidarsi per un terzo mandato?

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di: redazione
5/11/2025
Trump potrebbe davvero candidarsi per un terzo mandato?Trump potrebbe davvero candidarsi per un terzo mandato?

A un anno dal suo ritorno alla Casa Bianca, Donald Trump è tornato a parlare di un possibile terzo mandato presidenziale. E lo ha fatto, come spesso accade, “alla Trump”, cioè in modo molto ambiguo. Prima ha lanciato l’idea come una ipotesi seria, insistendo che “non scherzava”. Poi ha fatto marcia indietro, dicendo che è “piuttosto chiaro” che non può candidarsi per un terzo mandato. Ma ha anche lasciato la porta aperta con dichiarazioni sibilline, come “è troppo presto per parlarne”. 

Le dichiarazioni di Trump sono state poi ripetute e rinforzate dagli alleati del presidente, contribuendo a lasciare il dubbio sulle reali intenzioni del tycoon. L’ex consigliere di Trump, Steve Bannon, ha detto all’Economist che esiste un “piano” per garantire a Trump un altro mandato, anche se non ha specificato quale fosse. L’ipotesi, come spesso succede con le dichiarazioni del tycoon, ha scatenato reazioni immediate. I democratici hanno accusato Trump di voler “smantellare la democrazia americana” e anche diversi repubblicani moderati si sono detti contrari. 

Trump sembra, almeno per ora, aver accantonato l’ipotesi. Intanto, però, il merchandising ufficiale “Trump 2028” è già in vendita. E le parole di Trump e dei suoi alleati hanno riacceso un dibattito che sembrava chiuso dalla Costituzione americana più di settant’anni fa (Reuters).

Cosa dice la Costituzione degli Stati Uniti?

Il limite è scritto nero su bianco nel Ventiduesimo emendamento, ratificato nel 1951 dopo l’eccezione storica di Franklin Delano Roosevelt, che fu eletto quattro volte durante la Grande Depressione e la Seconda guerra mondiale. L’emendamento stabilisce che “nessuna persona potrà essere eletta alla carica di presidente più di due volte”, o più di una volta se ha già servito per più di due anni di un mandato altrui, nel caso di un vicepresidente che subentri in corsa (Constitution Center).

In teoria, quindi, la Costituzione chiude ogni spazio di manovra. Ma, come spesso accade nella politica trumpiana, la teoria si scontra con la retorica: il presidente e alcuni suoi alleati hanno più volte lasciato intendere che potrebbero esistere “metodi” per aggirare il divieto (Mother Jones).

Le ipotesi di “aggiramento”: dal vice presidente alla modifica costituzionale

Tra i sostenitori di Trump, l’idea più citata è quella della “scappatoia” costituzionale: poiché il testo vieta di essere “eletti” più di due volte, alcuni sostengono che sarebbe possibile tornare al potere non tramite elezione, ma per successione. Lo schema ipotetico prevede che Trump si candidi come vicepresidente accanto a un fedelissimo, per esempio JD Vance, che una volta eletto potrebbe dimettersi, consentendogli di tornare alla Casa Bianca (Guardian).

Gli esperti di diritto costituzionale, però, sono unanimi nel respingere questa teoria. Il Dodicesimo emendamento stabilisce infatti che “nessuna persona costituzionalmente ineleggibile alla presidenza può essere eleggibile alla vicepresidenza”. Tradotto: chi non può più essere presidente non può diventare vicepresidente.

Un’altra ipotesi, sostenuta da alcuni repubblicani come il deputato Andy Ogles, è quella di un nuovo emendamento costituzionale per permettere tre mandati non consecutivi. Ma la strada è praticamente impossibile: servirebbero i voti di due terzi del Congresso e la ratifica di tre quarti degli Stati. Si tratta di condizioni irrealistiche in un Paese profondamente polarizzato (Reuters).

Esistono precedenti storici?

La tradizione dei due mandati risale a George Washington, che nel 1796 decise volontariamente di non cercare un terzo mandato per evitare una “presidenza a vita”. Solo Roosevelt, un secolo e mezzo dopo, ruppe la consuetudine, giustificato da circostanze eccezionali. Da allora, il limite dei due mandati è diventato un pilastro della democrazia americana (Il Foglio).

Alcuni presidenti, da Ulysses Grant a Theodore Roosevelt, tentarono di tornare alla Casa Bianca dopo una pausa, ma nessuno superò la soglia dei due mandati effettivi. L’unico precedente paragonabile è quello di Grover Cleveland, eletto due volte non consecutive a fine Ottocento: proprio come Trump, ma entro i limiti consentiti (Bbc).

Perché Trump continua a parlarne?

Il motivo è più politico che giuridico. Continuare a evocare un terzo mandato serve a mantenere alta l’attenzione, evitare l’immagine di un presidente “a fine corsa” e soprattutto scongiurare la sindrome della “lame duck” (l’anatra zoppa), che affligge ogni leader al secondo mandato (Cnn).

Trump sa che un presidente senza prospettive di rielezione tende a perdere influenza su partito e Congresso. Lasciando intendere che potrebbe restare, mantiene i repubblicani allineati e i media concentrati su di lui. In più, alimenta la narrativa di un leader “insostituibile”, il solo capace di difendere l’America da nemici interni ed esterni (Nyt).

Per Mother Jones e Reuters, c’è anche una componente più inquietante: la volontà di testare i limiti istituzionali. Trump non ha mai nascosto la sua insofferenza per i vincoli imposti dalla Costituzione Usa e, nel suo secondo mandato, ha più volte usato la retorica dell’uomo forte, pronto a “fare quello che serve” per il Paese.

Evocare la possibilità di un terzo mandato si inserisce nella “Teoria dell'Esecutivo Unitario”, che Trump sta cercando di mettere in pratica nel suo secondo mandato. Secondo questa dottrina, il presidente deve avere il controllo totale sull’intero ramo esecutivo del governo federale, anche sui ruoli tradizionalmente protetti da indipendenza istituzionale, facendo venire meno la struttura di controlli e contrappesi costruita in due secoli di storia. Se applicata si creerebbe una forma di governo più vicina all’autoritarismo che a una democrazia costituzionale (Conversation).

Un rischio per la democrazia americana?

Dietro la provocazione c’è un tema più profondo: il rapporto tra leader e istituzioni. Trump ha sempre usato l’ambiguità come strumento politico, alternando smentite e rilanci per testare la reazione del sistema e dei suoi elettori. Come scrive il Nyt, anche quando scherza, le sue parole sono spesso condivise dai suoi sostenitori e dai media nel dibattito pubblico, diventando reali per una parte del Paese.

Anche Reuters sottolinea che il precedente di Roosevelt, un presidente amato che chiese di restare per gestire una crisi, non è paragonabile a quello di un leader che mette in discussione le regole per rafforzare il proprio potere personale. E riporta che molti analisti temono che la retorica del “terzo mandato” non sia solo propaganda, ma un modo per abituare l’opinione pubblica a un’erosione graduale dei limiti costituzionali.

Come analizza Il Foglio, la tentazione di Trump “si scontra con due secoli di limiti costituzionali”. Eppure, in un contesto di polarizzazione estrema e istituzioni sotto pressione, persino un’ipotesi impossibile può trasformarsi in un’arma politica.

Perciò, anche se per ora è escluso che Donald Trump possa candidarsi a un terzo mandato, il solo fatto che ne parli, e che una parte del suo elettorato lo consideri possibile, mostra quanto sia fragile l’equilibrio tra carisma personale e legalità costituzionale negli Stati Uniti di oggi.

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