Monte dei Paschi di Siena ha ridisegnato l’intera geografia bancaria italiana portando a termine con successo la sua offerta pubblica di acquisto e scambio (Opas) su Mediobanca, con adesioni pari al 62,29% del capitale. Il superamento della soglia del 50% garantisce a Rocca Salimbeni la conquista del controllo di Piazzetta Cuccia (Ansa).
A fare la differenza sono stati i grandi soci: Delfin (19,9%), la holding della famiglia Del Vecchio, e Francesco Gaetano Caltagirone (9,9%), ai quali si sono aggiunti investitori istituzionali come la famiglia Doris, Enpam e grandi fondi internazionali. Un sostegno decisivo per il ceo di Mps, Luigi Lovaglio, che diventa così il dominus della storica banca d’affari milanese (Il Sole 24 Ore).
Il successo dell’operazione non era scontato, ed è stato reso possibile grazie alla trasformazione dell’iniziale Ops (offerta pubblica di scambio) in una vera e propria Opas, con l’aggiunta di 0,9 euro in contanti per ogni azione Mediobanca. Questa componente cash, pari a circa 750 milioni di euro, ha reso più competitiva la proposta rispetto all’offerta iniziale. Il concambio finale (2,533 azioni Mps più 0,90 euro cash) ha valorizzato ciascun titolo Mediobanca a circa 16,30 euro, con un premio dell’11,4% rispetto al prezzo di mercato di gennaio. Una mossa che ha convinto ulteriori casse previdenziali e fondi a consegnare i propri titoli (RaiNews 24).
Dal 16 al 22 settembre è prevista la riapertura dei termini dell’Opas. Questa finestra consentirà a ulteriori investitori di aderire e potrebbe spingere Mps oltre la soglia del 66,7% del capitale. Raggiungere questa quota sarebbe cruciale: aprirebbe la strada a una fusione diretta con Mediobanca, consentendo al Monte di delistare la società da Piazza Affari e accelerare il processo di integrazione con conseguenze concrete per l’istituto senese (Sky TG24).
Il balzo al 62,29% di Mediobanca comporta infatti degli effetti molto rilevanti per Mps:
In particolare quest’ultimo punto rappresenta una partita ancora tutta da giocare. Il prossimo 18 settembre il consiglio d’amministrazione, guidato da Alberto Nagel dal 2008, approverà il bilancio e dovrà prendere atto del cambio di controllo: è molto probabile che il cda si presenti dimissionario all’assemblea del 28 ottobre. Si aprirà così la partita per la nuova governance: tra i candidati circolano i nomi di Mauro Micillo (responsabile della divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo) e Vittorio Grilli (ex ministro dell’Economia, oggi in J.P. Morgan). La transizione sarà accompagnata da un processo di selezione guidato da Mps, che vuole imprimere un cambio netto alla leadership di Mediobanca (La Stampa★).
La conquista di Mediobanca da parte di Mps è anche un tassello nella partita più grande sul controllo del gruppo Generali. Con l’operazione, la quota del 13,1% detenuta da Mediobanca passa sotto l’influenza di Mps e dei suoi principali azionisti, Caltagirone e Delfin. Sommando le loro partecipazioni dirette già esistenti, la cordata controlla circa il 30% del Leone di Trieste. Una soglia che supera il 25%, oltre la quale la normativa prevederebbe l’obbligo di un’Opa: questione che sarà monitorata da Consob e dalle autorità di vigilanza (Domani).
Solo qualche settimana fa era invece naufragato il progetto di Alberto Nagel per legare Mediobanca a Banca Generali e difendersi da Mps: l’assemblea aveva bocciato l’operazione, che prevedeva lo scambio della quota del 13,1% in Generali con il controllo della banca del gruppo Generali. La mossa avrebbe reso Piazzetta Cuccia meno scalabile ma l’astensione decisiva di Delfin e il no di Caltagirone, impegnati proprio in parallelo nel tentativo di assalto al Leone, hanno affossato il piano. La bocciatura ha lasciato così campo libero a Mps per condurre la scalata, vista con favore dal governo italiano, e ridisegnare gli equilibri della finanza italiana (Il Fatto Quotidiano).
La conquista di Mediobanca da parte di Mps non chiude la già complessa partita del risiko bancario. Anzi, riaccende i riflettori su Banco Bpm, considerato il prossimo tassello potenziale. Da un lato circolano ipotesi di aggregazione con Crédit Agricole Italia, già primo azionista di Piazza Meda con il 20% del capitale; dall’altro resta sul tavolo un possibile dossier di fusione proprio con Mps, che darebbe vita al tanto evocato “terzo polo bancario”. Entrambe le ipotesi devono fare i conti con i vincoli della Bce sulla concentrazione bancaria e soprattutto con il governo, che attraverso lo strumento del Golden Power potrebbe opporsi a operazioni su asset nazionali ritenuti strategici. Per Siena, uscita vincente dalla battaglia su Piazzetta Cuccia, si apre quindi una nuova fase di opportunità ma anche di incognite (FirstOnline).