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L’essenza della Gen Z: cosa cercano davvero i giovani nei profumi?

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di: redazione
24/7/2025
L’essenza della Gen Z: cosa cercano davvero i giovani nei profumi?L’essenza della Gen Z: cosa cercano davvero i giovani nei profumi?

Il boom del mercato

Il mercato globale dei profumi non è mai stato così prospero. Secondo Statista, nel 2025 il settore genererà oltre 62 miliardi di dollari. In parte, è un'eredità della pandemia: quando viaggiare era impossibile, annusare una fragranza diventava un modo per “viaggiare con il naso”, evocando emozioni, luoghi, ricordi, scrive il Guardian. Ma la spinta vera è arrivata dalle generazioni più giovani.

La Gen Z – cioè i nati tra il 1997 e il 2012 – ha trasformato il profumo da oggetto di lusso a strumento quotidiano di espressione individuale. Secondo un report di Circana, società di ricerca e analisi di mercato, l’83% della categoria decide di indossare un profumo almeno tre volte a settimana. E non si tratta solo di gusto: per l’80% degli utenti di tutte le età, la fragranza ha un effetto diretto sul buonumore. TikTok, in particolare, ha reso i profumi un linguaggio condiviso. L’hashtag #Perfume supera i tre miliardi di visualizzazioni, #Fragrance arriva a sei e #PerfumeTok a cinque (Repubblica). Negli Stati Uniti, già nel 2023 queste tendenze social generavano il 45% delle vendite di profumi tramite social (Guardian).

Le essenze sono diventate, così, parte della routine, come un capo d’abbigliamento o un filtro di Instagram, comunicando umore, status, appartenenza. Per questo, le aziende cosmetiche stanno investendo in strategie che uniscono emozione, estetica e tecnologia.

“Smellmaxxing”, “layering” e “scent wardrobe”: il nuovo vocabolario del profumo

A differenza delle generazioni precedenti, oggi chi compra profumi vuole personalizzare la propria presenza olfattiva. Il “layering”, l’arte di sovrapporre fragranze, e il “scent wardrobing”, cioè la scelta del profumo in base all’occasione, sono ormai fenomeni molto diffusi. Ma il vero simbolo di questa nuova grammatica è lo “smellmaxxing”: massimizzare la propria “aura olfattiva” combinando più profumi, spesso molto costosi (New York Times).

Anche i più giovani si fanno coinvolgere dalla tendenza. Ragazzi e ragazze adolescenti risparmiano per acquistare ampolle da oltre 200 dollari, ne parlano sui forum come veri sommelier e fanno riferimento a note come oud (una resina legnosa e aromatica molto pregiata), fava tonka e miele. TikTok è pieno di video-recensioni, da @jeremyfragrance a @sssinister, e non è raro che il profumo venga scelto senza mai essere stato annusato prima.

Un'altra tendenza è quella dei “frag heads”: appassionati che si immergono nel mondo delle fragranze come chi colleziona dischi in vinile o sigari rari. Alcuni diventano profumieri autodidatti, altri semplicemente sperimentano. Le maison storiche guardano con attenzione alla scena indipendente: accanto a marchi affermati come Chanel, emergono brand alternativi come Eden Perfumes (noto per le sue reinterpretazioni dei classici in chiave vegana) o Thin Wild Mercury (amatissimo sui social), capaci di affascinare un pubblico più giovane e curioso, in cerca di originalità e narrazioni diverse.

Accanto a tutto questo, proliferano i cosiddetti “dupes”: imitazioni a prezzi più accessibili di fragranze di lusso, spesso vendute da marchi indipendenti o grandi catene come Zara e H&M. Questi profumi, che costano meno di 20 euro ma promettono un’esperienza simile a quella di un prodotto da 100 o 150, vengono spesso testati dai “beauty influencer” su TikTok e YouTube e confrontati con le fragranze più blasonate.

Profumeria algoritmica: quando l’AI crea fragranze su misura

La profumeria, da sempre considerata una forma d’arte, sta conoscendo una trasformazione radicale grazie all’intelligenza artificiale. L’Oréal lavora con Emotiv, una società di neuroscienze, per studiare l’attività cerebrale delle persone mentre annusano diversi odori, con l’obiettivo di progettare profumi che rispecchiano le emozioni emerse durante i test. Procter & Gamble, invece, ha adottato Moodify White, un software avanzato che sfrutta l'intelligenza artificiale generativa per progettare nuove fragranze: analizzando dati su ingredienti, percezioni sensoriali e preferenze dei consumatori, il sistema suggerisce combinazioni olfattive inedite che possono essere trasformate in prodotti reali (Forbes).

Anche altre aziende stanno sperimentando nuove tecnologie: Givaudan, ad esempio, utilizza strumenti come Carto, che aiuta i profumieri a ideare nuove formule suggerendo accostamenti inediti, e Myrissi, che collega odori ed emozioni attraverso l’analisi dei dati sensoriali. Future Society, poi, collabora con laboratori biotech per ricostruire geneticamente piante estinte e riportarne in vita il profumo originario (Vogue).

Certo, il dibattito è aperto. Alcuni maestri profumieri – come Francis Kurkdjian – vedono nell’AI un alleato prezioso, altri temono che possa snaturare la dimensione emotiva e artigianale del profumo. Ma il trend è chiaro: personalizzazione e tecnologia sono il futuro del settore. E anche la sostenibilità potrebbe trarne beneficio: grazie all’AI le aziende possono testare digitalmente migliaia di combinazioni riducendo, così, sprechi, costi e tempi di produzione.

Dall’aroma di banana a Trump: il nuovo universo olfattivo tra assurdità e curiosità

E mentre si cimenta con le nuove frontiere tecnologiche, l'esplorazione olfattiva contemporanea non ha paura del paradosso. Il brand spagnolo 27 87 ha lanciato “Hakuna Matata”, un profumo per l’estate che abbina banana verde a fiori bianchi e miele (The New York Times Style Magazine). Anche il concetto stesso di “territorio” si fa liquido: la linea Bond No. 9 ha creato un profumo ispirato a Greenpoint, quartiere gentrificato di Brooklyn, riproponendo note di pera, muschio e cardamomo (Nyt). E poi - immancabile - c’è “Victory 45-47”, la seconda irruzione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump nel mondo delle fragranze dopo “Fight, Fight, Fight!”, presentato durante la campagna elettorale. I flaconi in edizione limitata sono sormontati da una statuetta dorata raffigurante Trump e sono venduti a 250 dollari (ben più di profumi di lusso di pari formato, come Sauvage di Dior, che ne costa 165, o il classico No.5 di Chanel, a 110), in versione maschile e femminile (Nyt)

Dietro l’apparente eccentricità, queste scelte raccontano la ricerca di identità che attraversa il mondo dei profumi. Che si tratti di gourmand che evocano dolci e comfort food, o di fragranze genderless e provocatorie, il messaggio è chiaro: oggi il profumo è una dichiarazione di chi si è, non di chi si vuole attrarre (Vox).

In questo nuovo universo olfattivo, anche il senso dell’ironia è centrale. Alcune fragranze sembrano nate più per essere condivise sui social che per essere indossate: la statuetta trumpiana ne è un esempio, ma lo sono pure i profumi ispirati a dessert ipercalorici di Dunkin’ Donuts. Ma è proprio questa libertà – tra marketing e espressione di sé – a ridefinire il profumo come forma culturale.

Raccontarsi con una fragranza

I profumi non sono più solo un vezzo o un tocco finale: sono uno strumento narrativo. La Gen Z li usa per raccontare chi è, cosa sogna, dove vorrebbe essere, come spiegano gli approfondimenti di Guardian e Vox. Indossare un profumo è diventato un gesto di autodeterminazione, che unisce emozione, tecnologia e immaginazione.

In un mondo in cui l’identità è fluida, il profumo è uno dei pochi linguaggi che si possono indossare e che ancora riescono a sorprendere. Anche senza bisogno di essere annusati da vicino.

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