Il gesto di ribellione più conformista di sempre è tornato di moda. Crisi generazionale, desiderio di trasgressione, nostalgia, sfiducia nel futuro hanno aperto le porte al ritorno del fascino del fumo. Un cambio di passo che rischia di annullare decenni di campagne anti-tabagismo. Nonostante le politiche pubbliche abbiano ridotto la diffusione del tabacco tra divieti e tasse, infatti, l’industria si è reinventata e ha trovato nuove forme di seduzione, soprattutto tra i giovani. Ma a questo ritorno in auge del fenomeno hanno contribuito anche i social e il cinema, nuovi e vecchi media su cui si gioca la sfida culturale.
A livello globale, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, circa una persona su cinque consuma tabacco, rispetto a una su tre nel 2000. Anche in Italia, a vent’anni dall’entrata in vigore della legge Sirchia, che nel 2005 vietava il fumo nei luoghi pubblici chiusi, il numero di fumatori è diminuito, ma resta consistente. Secondo i dati dell’Istat e dell’Istituto Superiore di Sanità, nel 2023 fuma il 23,1% degli italiani adulti, pari a circa 11,5 milioni di persone, contro il 28,3% del 2005. Anche il numero medio di sigarette fumate al giorno si è ridotto: da 14,6 a 12. La fascia più colpita resta quella tra i 25 e i 44 anni, con bassa scolarizzazione, dove il tasso di fumatori supera il 35% (Wired).
Il fenomeno non riguarda solo le sigarette tradizionali. Tra i 18 e i 69 anni, il 27% usa prodotti da fumo: il 20% solo sigarette, il 4% anche dispositivi elettronici e il 3% solo dispositivi elettronici. Tra gli adolescenti, la commistione tra sigaretta e vaporizzatori è in aumento. Anche la vendita delle sigarette elettroniche, però, sta rallentando sia in Europa sia negli Stati Uniti.
Tuttavia, nonostante la tendenza in calo, i numeri restano ancora allarmanti: ogni anno più di otto milioni di persone muoiono per patologie legate al tabacco, stima l’Oms. Il fumo resta una delle principali cause di morte evitabile nel mondo. In Italia, nel 2024, si stimano 93mila decessi riconducibili al tabacco. Il fumo, inoltre, è ancora associato a patologie come i tumori (soprattutto ai polmoni), malattie cardiovascolari e respiratorie. Anche il fumo passivo è pericoloso, in particolare nei contesti urbani densamente abitati.
Nonostante il calo globale del fumo, l’industria e le lobby del tabacco hanno continuato a giocare un ruolo attivo e aggressivo per difendere i propri interessi. Hanno cercato sistematicamente di ostacolare le politiche sanitarie, infiltrandosi nei processi normativi, proponendo emendamenti favorevoli e offrendo incentivi economici o donazioni a governi e istituzioni internazionali. Inoltre, le grandi aziende del settore stanno investendo miliardi di dollari per posizionarsi come attori della “transizione smoke-free”, puntando su alternative come sigarette elettroniche, dispositivi a tabacco riscaldato e sacchetti di nicotina.
Multinazionali come Philip Morris International e British American Tobacco hanno annunciato l’impegno per un futuro “senza fumo” e hanno fissato l’obiettivo di ottenere due terzi dei propri ricavi da prodotti senza combustione entro il 2030. Tuttavia, queste strategie si scontrano con una realtà più complessa: le vendite di e-cigarettes stanno rallentando, soprattutto nei mercati più regolati, mettendo in discussione le previsioni secondo cui lo “svapo” avrebbe rappresentato la nuova frontiera per le grandi aziende del tabacco. In parallelo, cresce il mercato di dispositivi non regolamentati, spesso importati dalla Cina, che alimentano nuove dipendenze tra i giovani (Ft+).
L’industria del tabacco ha svolto un ruolo attivo nel ritorno di moda del fumo. Negli anni, infatti, ha adattato la propria comunicazione: non più spot televisivi o cartelloni, ma strategie soft e indirette. Attraverso sponsorizzazioni occulte, contenuti nei social media, regali a influencer e presenze nei film o nelle serie TV, ha costruito un’estetica del fumo che aggira i divieti pubblicitari. Grazie a questi sforzi di marketing sotto traccia, le società del tabacco sono riuscite a rendere di nuovo la sigaretta un simbolo di ribellione e di stile. Ma le Big Tobacco non sono le uniche responsabili del fenomeno (The Atlantic).
Anche Hollywood è protagonista della rinascita. La sigaretta è tornata visibile e “glamour” in film e serie TV. Nei film candidati agli Oscar 2024, nove su dieci mostravano personaggi che fumano. In Oppenheimer, Cillian Murphy ha fumato circa 3.000 sigarette in scena; in Saltburn, ambientato nel 2006, il fumo è parte integrante dell’estetica decadente. In Maestro, Cassandro e The Holdovers, il fumo diventa un linguaggio visivo, simbolo di intimità, ribellione o malinconia (Vanity Fair).
Nel mondo della moda, alcuni marchi hanno riportato le sigarette e gli accessori legati al fumo in passerella. Sigarette, accendini, profumi e gioielli a tema sfilano sulle passerelle di brand come Christian Cowan, LaQuan Smith e Sinead Gorey. Anche questo ritorno è stato abbracciato da influencer e celebrity su Instagram e TikTok, dove account come Cigfluencers celebrano il gesto del fumare come sexy e nostalgico.
Il fascino della sigaretta non è solo vintage. È anche un atto di rottura. La Gen Z la adotta per distinguersi dalla cultura salutista della generazione precedente, i Millennial. Nell’immaginario collettivo, il fumo tradizionale è tornato a evocare sensualità, ribellione e una forma di “resistenza” nichilista e controculturale, proprio perché è proibito e stigmatizzato. Questo vale soprattutto negli Stati Uniti, dove le campagne antifumo sono state pervasive e l’industria del tabacco aveva perso gran parte del suo potere simbolico (Il Post).
Negli ultimi anni, molti Paesi europei hanno introdotto nuove misure per contenere il consumo di tabacco, con un'attenzione crescente anche verso i prodotti alternativi come le sigarette elettroniche e i dispositivi a tabacco riscaldato. L’obiettivo comune è di ridurre la visibilità sociale del fumo e proteggere in particolare i più giovani. Alcuni Paesi hanno anche chiesto formalmente alla Commissione europea di accelerare la revisione della legislazione sul tabacco per avere regole più severe sui nuovi prodotti e sulla promozione nei social media a livello di Unione europea.
La Francia ha esteso il divieto di fumare in tutte le aree all’aperto frequentate da bambini: spiagge, parchi, fermate dell’autobus, ingressi delle scuole e impianti sportivi. Il provvedimento entrerà in vigore dal 1° luglio 2025 ed è tra i più estesi nel continente, anche se restano escluse le terrazze dei bar e le sigarette elettroniche (France 24).
In Spagna, il governo ha annunciato un piano per estendere i divieti di fumo anche alle terrazze di bar e ristoranti, agli spazi universitari e agli eventi pubblici. La legge, ancora in discussione, includerà anche e-cigarette e dispositivi a tabacco riscaldato. Sono previste nuove tasse sui prodotti da fumo e finanziamenti ai programmi per smettere di fumare (EuroNews).
In Belgio, dal 1° aprile 2025 è vietata l’esposizione di prodotti del tabacco nei negozi, inclusi sigarette, sigari, e persino filtri e cartine. È stato introdotto anche il divieto di vendita nei supermercati e nei festival musicali, mentre già da gennaio il Paese ha bandito completamente le sigarette elettroniche usa e getta (Euractiv).
In Italia alcune città stanno spingendo per andare oltre la già citata legge Sirchia del 2005. A Milano, ad esempio, Il Comune ha vietato dal 1° gennaio 2025 di fumare in tutti gli spazi pubblici all’aperto, a meno di non riuscire a mantenere una distanza minima di dieci metri da altre persone (Open). A Roma, il I Municipio ha approvato una sperimentazione annuale che vieta il fumo all’aperto in gran parte del centro storico, trasformando il cuore della capitale in una zona “smoke free” (Fanpage).
Tuttavia, la risposta normativa resta frammentata e focalizzata sulla strategia di vietare, tassare, rendere invisibile. Dall’altro lato, invece, la pressione e l’influenza dell’industria e delle lobby del tabacco rimangono forti, anche grazie alla capacità di adattare messaggi e obiettivi alle trasformazioni culturali in atto.