“Il clima è tutto” titolava la rivista Time nel numero del 26 aprile 2021. Parole semplici per comunicare un dato di fatto: il clima è in crisi a causa delle attività umane e le attività umane sono in crisi a causa del clima che cambia. Una relazione interdipendente a lungo trascurata nel dibattito pubblico. Eppure gli effetti della crisi che investe l’ambiente naturale per cause riconducibili all’attività umana ci colpiscono direttamente, sul posto di lavoro come in vacanza, a casa come tra gli scaffali del supermercato.
Lavoratori esposti
Nel 2023 l’umanità ha vissuto il luglio più caldo mai registrato. In diverse zone d’Italia, sono state raggiunte le temperature massime da metà dell’800, cioè da quando si è iniziato a effettuare le misurazioni. Quando temperature elevate rispetto alla media del periodo si protraggono per giorni si parla di ondata di calore. Quest’estate nel nostro Paese, come nel resto del mondo (Insider), il fenomeno meteo estremo si è ripetuto svariate volte facendo crescere l’allarme per l’aumento del rischio di decessi legati a temperature eccessivamente elevate, soprattutto sul posto di lavoro. Già dal 2017 l’Inps prevede che in caso di ondate di calore con temperature superiori a 35 gradi (anche solo percepite) sia possibile per le imprese richiedere la Cassa integrazione ordinaria per lo svolgimento di fasi di lavoro in luoghi non proteggibili dal sole o che comportino l’utilizzo di materiali o lo svolgimento di lavorazioni che non sopportano il forte calore. L’istituto infatti ha segnalato che i fenomeni climatici estremi sono stati posti in relazione con un aumento del rischio di infortunio sul lavoro (Il Sole 24 Ore). L’Inail ha anche predisposto un decalogo per i datori di lavoro su turni, acqua, ombra e soccorsi (Il Sole 24 Ore). Dopo l’ondata di calore di fine luglio, sindacati e governo hanno intavolato una discussione per introdurre un protocollo per prevenire i rischi da caldo sul lavoro (Il Sole 24 Ore). Anche in Spagna e Grecia, colpite da ondate di calore estremo a giugno e luglio, sono state prese contromisure per proteggere i lavoratori. Il governo spagnolo ha vietato alcune tipologie di lavoro all’aperto durante le ondate di caldo estremo (Reuters). In Grecia, invece, per affrontare l’anticiclone Cleo, è stato dichiarato lo stato di emergenza e il ministero del Lavoro ha disposto la sosta obbligatoria per i lavoratori nelle ore più calde e smart working per chi fa parte delle categorie più vulnerabili e, quindi, più a rischio (Euronews). A livello di Unione europea, però, non esiste una regola comune che definisca la temperatura massima consentita sul luogo di lavoro e, pur essendoci delle norme nazionali che definiscono temperature che dovrebbero essere garantite per lo svolgimento di determinate mansioni, queste non sono di facile e diretta applicazione (Euronews) e a essere maggiormente colpiti sono i lavoratori più precari con i salari più bassi (il manifesto).
Produzione a rischio
L’impatto della crisi climatica colpisce i lavoratori, ma anche direttamente le imprese. Ad esempio, rende più difficile l’utilizzo e il reperimento dei materiali. Come fa notare il Financial Times, l'acciaio può deformarsi in condizioni di calore estremo, mentre il cemento diventa difficile da lavorare e si indurisce molto più rapidamente, rendendolo più soggetto a crepe e compromettendone la resistenza e la durata. C'è anche il rischio che il calcestruzzo si rovini prima di essere versato. Di conseguenza le imprese devono affrontare costi aggiuntivi per riordinare i materiali rovinati dal calore e per averli velocemente e battere la concorrenza sono disposte a pagare maggiormente. Per questo alcune imprese di costruzioni stanno iniziando a utilizzare l'intelligenza artificiale per tenere conto del tempo previsto nell'ordine di esecuzione di un progetto. Ciò consentirebbe loro, ad esempio, di sospendere l'ordinazione di acciaio in caso di un previsto periodo prolungato di caldo. Le temperature elevate inoltre incidono anche sul funzionamento dei macchinari e obbligano a riflettere bene prima di decidere dove collocare gli stabilimenti industriali. Per anni, ad esempio, la Germania ha costruito le proprie industrie vicino ai grandi fiumi per avere accesso all’acqua e sfruttare i canali di navigazione, ma ora qualcuno inizia a pensare che non sia più una scelta lungimirante. Le aziende lungo il fiume Reno negli ultimi cinque anni hanno dovuto interrompere la produzione a causa del basso livello dell'acqua per tre volte. L’anno scorso le chiatte hanno faticato a viaggiare in estate, colpendo le forniture di carburante e prodotti chimici e bloccando il lavoro con conseguenze negative per l’intera economia tedesca (Reuters).
Strada interrotta
Dai binari ferroviari alle strade e agli aeroporti, dalle reti di telecomunicazione a quelle elettriche, le infrastrutture esistenti non sono state progettate per rispondere ai mutamenti causati dalla crisi climatica (Foreign Policy). Parte del problema è che l’ammodernamento di infrastrutture vecchie di decenni può avere un prezzo elevato. Uno studio del 2013, condotto dall’economista della Banca Mondiale Stephane Hallegatte e dall’Ocse, sulle 136 città costiere più grandi del mondo, ad esempio, ha rilevato che ciascuna dovrebbe spendere 350 milioni di dollari all'anno fino al 2050 per migliorare le difese contro le inondazioni alimentate dai cambiamenti climatici. Sebbene sia una cifra inferiore rispetto al prezzo dell'inazione - che secondo alcune stime potrebbe arrivare a mille miliardi di dollari all’anno - può essere un difficile compromesso economico e politico per molti governi (World Bank). Ci sono però delle eccezioni: i Paesi Bassi, ad esempio, con lungimiranza hanno costruito molti anni fa un sistema di gestione delle acque che li difende dalla minaccia che incombe maggiormente sul territorio, cioè l'innalzamento del livello del mare (Guardian).
A tavola
Forse il settore che maggiormente risente dei cambiamenti climatici in tutto il mondo è quello primario (Nml). Agricoltura, allevamento e pesca nel nostro Paese hanno subito in questi anni effetti devastanti a causa di inondazioni, siccità, ondate di calore, grandinate, gelate tardive e altri eventi estremi che sono diventati più frequenti e maggiormente intensi a causa della crisi in atto. A livello globale, si teme che anche prima dell’aumento di 1,5° della temperatura ci saranno grandi difficoltà nelle catene di approvvigionamento alimentare (Guardian). I più colpiti da questa crisi saranno i Paesi più poveri (Wpf Usa). In quelli più ricchi ci vorranno anni prima di vedere mancare il cibo negli scaffali, ma forse non così tanti per percepire un mutamento in quello che portiamo a tavola: secondo uno studio australiano pubblicato dal Melbourne Sustainable Society Institute, l’aumento dei gas-serra, oltre a ridurre i principi nutritivi, cambierà anche il gusto e il sapore di alcune varietà di frutta e verdura consumati abitualmente. I cavoli saranno più amari, le carote avranno meno sapore e consistenza e i pomodori potrebbero deformarsi. E l’olio d’oliva perderà un quarto del suo tenore in nutrienti. Un’altra indagine condotta nel 2018 dall’Università di Tokyo, ha esaminato i contenuti nutrizionali del riso: percentuali eccessive di anidride carbonica intaccano le proprietà nutrizionali, in particolare il contenuto di ferro, zinco, proteine e vitamine B1, B2, B5 e B9 (Micromega).
Casa cara casa
I cambiamenti climatici colpiscono anche il settore immobiliare, per svariate ragioni. Ovviamente eventi meteo estremi come uragani, alluvioni e incendi causano la perdita di abitazioni sempre più frequentemente. Quando si tratta di costruirne di nuove è sempre più comune che le imprese edili accumulino ritardi per il reperimento dei materiali e l’aumento dei prezzi. Molte persone poi rinunciano all’acquisto di una casa perché assicurarla è diventato sempre più costoso. Così sempre più persone preferiscono prendere case in affitto con la conseguenza che i prezzi si alzano e ci sono sempre meno abitazioni disponibili (Earth). Caldo ed eventi estremi hanno anche cambiato i prezzi delle case in base alla loro ubicazione. Ad esempio, nel nostro Paese, le sempre più frequenti ondate di calore hanno fatto crescere il valore degli edifici vicino a fonti d’acqua e ad aree verdi. Negli Stati Uniti, viceversa, sono crollati i prezzi nelle zone maggiormente colpite da eventi climatici estremi, soprattutto uragani e incendi (Domani).
Che prezzi!
Secondo un report pubblicato a maggio dalla Bce, la crisi climatica sta accelerando l’inflazione in dozzine di Paesi nel mondo. Dopo aver tenuto conto di altri fattori come la pandemia di Covid-19 e la guerra in Ucraina, gli autori hanno stimato che il caldo estremo da solo ha aumentato l'inflazione in Europa dello 0,67% nel 2022 e ancora di più negli Stati più a sud del continente. L'incremento delle temperature, conclude l’analisi, potrebbe far aumentare l'inflazione globale dell'1% ogni anno fino al 2035 (Scientific America).
In vacanza
Guardando oggi “Vacanze romane”, film del 1953 diretto da William Wyler, interpretato da Gregory Peck e Audrey Hepburn e ambientato a Roma in estate, ci si immerge in un’altra era. Non solo per le immagini d’epoca e l’iconica vespa che trasporta i protagonisti per le strade della capitale, ma soprattutto perché quello raccontato sullo schermo è tutto un altro clima. Quest’estate a Roma si sono raggiunte punte di quasi 41 gradi sulla colonnina di mercurio. Ma non è solo la capitale del nostro Paese a essere infuocata in estate, in generale in tutto il Mediterraneo meridionale le ondate di calore iniziano a spaventare i turisti che per sfuggire al caldo asfissiante e agli incendi che sempre più frequentemente colpiscono l’area nei mesi estivi (Domani) iniziano a valutare le mete più fresche dell’Europa settentrionale (Nyt). Simon Calder, 67 anni e un lungo passato come giornalista specializzato in viaggi con all'attivo oltre 120 Paesi visitati, crede che luoghi come la costa del Belgio o le località nei Paesi Bassi e in Irlanda, diventeranno ben più popolari di quanto lo siano stati fino ad ora. "Immagino che le spiagge del Mare del Nord e del Baltico saranno affollate la prossima estate a causa di ciò che abbiamo visto", ha spiegato di recente. Le ondate di calore e gli altri eventi estremi mettono a rischio un settore che vale il 13% del nostro Pil. Eppure, nonostante gli studi e le previsioni dei ricercatori, né le associazioni di categoria, né il governo si stanno preparando (Repubblica). Inoltre, non è solo il turismo estivo a essere in pericolo: gli effetti della crisi climatica colpiscono anche la montagna e in particolare il settore sciistico (Il Fatto Quotidiano).
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