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Elezioni in Argentina: cosa c’è dietro il paracadute da 20 miliardi di dollari lanciato dagli Stati Uniti per salvare Milei

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di: redazione
24/10/2025
Elezioni in Argentina: cosa c’è dietro il paracadute da 20 miliardi di dollari lanciato dagli Stati Uniti per salvare MileiElezioni in Argentina: cosa c’è dietro il paracadute da 20 miliardi di dollari lanciato dagli Stati Uniti per salvare Milei

Il 26 ottobre l’Argentina va al voto per le elezioni di metà mandato, un appuntamento che vede in ballo il futuro politico di Javier Milei. Il presidente libertario, eletto nel 2023 con lo slogan della “motosierra” (la motosega simbolo dei tagli alla spesa pubblica) affronta il momento più delicato del suo mandato: una crisi valutaria, un governo indebolito da scandali e il peso di un controverso sostegno americano (Financial Times).

Chi è Javier Milei e cosa significa “dollarizzare” l’economia

Milei ha costruito la propria carriera politica su un linguaggio populista e anti-establishment. In campagna elettorale agitava una motosega per promettere “di tagliare lo Stato in due”, ridurre il numero dei ministeri e abolire i sussidi pubblici. Da quando si è insediato, ha effettivamente licenziato decine di migliaia di dipendenti statali e cancellato buona parte dei programmi sociali (Il Post).

La sua idea di “dollarizzazione” dell’economia mirava a sostituire il peso con il dollaro statunitense come valuta ufficiale. Ciò servirebbe a eliminare l’inflazione cronica del Paese, garantendo stabilità e fiducia agli investitori. In pratica, significherebbe rinunciare alla politica monetaria nazionale: la Banca centrale non potrebbe più stampare moneta né fissare i tassi, e l’Argentina dipenderebbe interamente dalla disponibilità di dollari nelle proprie riserve. Per ora Milei ha preferito una soluzione intermedia: ha scelto di mantenere il peso artificialmente forte per contenere l’inflazione. The Economist descrive questa strategia come una “trappola”: così facendo, ha consumato miliardi di dollari di riserve e imposto tassi d’interesse molto alti, rallentando l’economia.

Cos’è lo swap valutario

Nel tentativo di stabilizzare la moneta, l’Argentina ha firmato un accordo di swap valutario da 20 miliardi di dollari con il Tesoro americano. Lo swap consente ai due Paesi di scambiarsi valute: la Banca centrale argentina deposita pesos, quella americana dollari, ma il denaro viene effettivamente trasferito solo se una delle due parti “attiva” la linea di credito. Quando ciò accade, l’operazione si trasforma in un prestito vero e proprio, con interessi e una scadenza di rimborso (Buenos Aires Herald).

In sostanza, è un paracadute finanziario: permette a Buenos Aires di avere accesso immediato a liquidità in dollari per difendere il peso o pagare debiti in scadenza. Non è però un aiuto a fondo perduto. Quando si comincia a usarlo, poi il denaro va restituito con gli interessi”. 

Il segretario al Tesoro americano Scott Bessent ha presentato l’accordo come un’operazione di interesse geopolitico: Washington vuole evitare un nuovo fallimento economico in America Latina e contenere la presenza cinese nella regione. Negli ultimi anni, infatti, la Cina aveva offerto all’Argentina linee di swap simili, diventando un partner sempre più influente (Buenos Aires Herald).

Un’alleanza politica, non solo economica

Per Milei, lo swap è stato un salvataggio politico oltre che finanziario. Il 7 settembre scorso, infatti, il partito del presidente ha subito una pesanta sconfitta ad opera dell’opposizione peronista con uno scarto di 14 punti percentuali nelle elezioni nella provincia di Buenos Aires, che da sola ospita il 40% della popolazione argentina. I mercati hanno reagito nel panico, scaricando i pesos. La banca centrale è intervenuta bruciando oltre un miliardo di dollari in due giorni per evitare che la moneta uscisse dalla fascia di cambio, prosciugando quasi del tutto le riserve valutarie del Paese (The Economist). Gli scandali — dal caso della criptovaluta promossa e poi crollata, alle accuse di corruzione contro la sorella e capo di gabinetto Karina Milei — hanno fatto il resto: Milei si è trovato isolato e con il consenso in calo. La sua approvazione è scesa al 40%, mentre l’inflazione torna a crescere e il peso continua a indebolirsi.

Il sostegno di Donald Trump, tornato a inizio anno alla Casa Bianca, gli ha dato un certo ossigeno. Il presidente statunitense considera Milei un alleato ideologico e ha promosso un pacchetto complessivo da 40 miliardi di dollari, tra swap, fondi privati e potenziali acquisti di bond argentini. Ma le parole del presidente degli Stati Uniti hanno sollevato polemiche: “Se Milei perde, non saremo generosi con l’Argentina”, ha dichiarato Trump alla Casa Bianca. Le opposizioni argentine hanno reagito con l’hashtag #PatriaOColonia, accusando gli Stati Uniti di ingerenza e “colonialismo economico” (Reuters).

Le affermazioni di Trump hanno avuto anche effetti di mercato: mentre alcuni investitori hanno letto l’accordo come una garanzia di stabilità, altri temono che la dipendenza da Washington renda il Paese vulnerabile a un cambio di rotta politica, come se ne vedono frequentemente nella regione.

Un fragile equilibrio tra politica e mercato

Per l’economia argentina, lo swap rappresenta una tregua temporanea. Dopo l’intervento del Tesoro statunitense, il peso ha smesso di precipitare e i titoli di Stato hanno recuperato valore. Tuttavia, i problemi strutturali restano. I tassi d’interesse elevati frenano la crescita e la disoccupazione aumenta, mentre il debito pubblico continua a gravare sulle finanze del Paese.

Il Buenos Aires Herald ricorda che le condizioni dello swap restano riservate, ma che il governo intende usarlo per coprire i pagamenti sul debito nel 2026, nel caso non riesca a ottenere nuovi prestiti sui mercati. Gli analisti avvertono che si tratta, di fatto, di debito contratto per ripagare debito.

Sul piano politico, Milei spera che una buona performance elettorale gli permetta di mantenere il controllo del Parlamento e rilanciare la sua agenda di riforme “di seconda generazione”, che comprende liberalizzazioni del mercato del lavoro e nuove privatizzazioni. Ma se dovesse uscire indebolito dalle urne, il suo programma di austerità rischierebbe di arenarsi.

Il voto come punto di svolta

Insomma, le elezioni di metà mandato sono “un momento decisivo” per Javier Milei: un risultato negativo potrebbe portare a “paralisi politica e caos finanziario”, ma anche continuare a difendere artificialmente il peso “danneggerebbe la crescita” e metterebbe fine al suo esperimento economico.

Il sostegno degli Stati Uniti ha solo “calmato temporaneamente i mercati”, mentre l’economia resta debole e Milei deve “rafforzare la propria leadership politica” per portare avanti l’agenda di riforme, ricorda il Financial Times. Il voto del 26 ottobre dirà se questo equilibrio fragile potrà reggere o se, come scrive The Economist, “la storia argentina di crisi e mancanza di consenso politico è destinata a ripetersi”.

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