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Colloqui sul nucleare tra Usa e Iran: occasione storica tra rischi e opportunità

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di: redazione
18/4/2025
Colloqui sul nucleare tra Usa e Iran: occasione storica tra rischi e opportunitàColloqui sul nucleare tra Usa e Iran: occasione storica tra rischi e opportunità

A Roma i prossimi colloqui tra Stati Uniti e Iran

Dopo un tira e molla durato qualche giorno, mercoledì la Repubblica Islamica ha annunciato che “la sede del nuovo round di colloqui tra Stati Uniti e Iran sul nucleare sarà Roma" e "i colloqui saranno condotti dal ministero degli Esteri dell'Oman" (Ap).

Secondo quanto appreso dall'Adnkronos, il ministro degli Esteri Antonio Tajani dovrebbe avere sabato 19 aprile incontri separati con l'inviato americano Steve Witkoff, con il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi e con il collega omanita Badr Albusaidi, tutti a Roma per il secondo round di colloqui indiretti tra Washington e Teheran sul nucleare iraniano. Nella stessa giornata Tajani dovrebbe avere un colloquio telefonico con Rafael Grossi, il direttore generale dell'Aiea.

Un'occasione irripetibile

Secondo un’analisi dell’ISPI, l’Istituto per gli studi di politica internazionale, questi incontri, per quanto limitati nel formato e nella durata, rappresentano un’opportunità storica in un contesto di ostilità che dura da oltre quarant’anni​. Che Iran e Stati Uniti si siano parlati, anche solo con l’Oman come tramite, è di per sé un segnale incoraggiante.

L’alternativa ai negoziati è una crisi regionale più ampia (Nyp). Israele ha già minacciato azioni militari se Teheran dovesse proseguire l’arricchimento dell’uranio (Times of Israel), e anche l’amministrazione Trump ha ventilato la possibilità di ricorrere alla forza​ (Axios).

Il contesto dei colloqui

I colloqui si svolgono nel quadro di un rinnovato tentativo di affrontare le tensioni nucleari tra Iran e Stati Uniti, acuitesi dopo il ritiro unilaterale degli USA dal Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA) del 2015, avvenuto durante il primo mandato di Trump (Il Post). L’accordo, frutto di anni di negoziati tra Iran e potenze mondiali, aveva limitato il programma nucleare iraniano in cambio della revoca di alcune sanzioni internazionali​​.

L'8 maggio 2018 gli Stati Uniti di Donald Trump, sotto richiesta di Israele, avevano annunciato unilateralmente l'uscita dall'accordo, rilanciando le sanzioni economiche contro il Paese mediorientale al fine di indurre "il brutale regime iraniano" a "cessare la propria attività destabilizzante" (Il Post).

Oggi, Trump, tornato alla Casa Bianca, punta a negoziare un nuovo accordo, che definisce “più forte” rispetto a quello dell’era Obama​. Un’intesa che dovrebbe garantire verifiche più stringenti, in particolare sull’arricchimento dell’uranio e sul potenziale utilizzo militare del programma nucleare iraniano​ (Usa Today).

Le richieste in campo

L’inviato speciale Steve Witkoff ha dichiarato che i punti centrali del negoziato sono la verifica del livello di arricchimento dell’uranio e il controllo sullo sviluppo di armi nucleari e missili. Inizialmente aveva evitato di parlare di smantellamento completo del programma, ma successivamente, con un post su X, ha affermato che l’accordo finale dovrà prevedere la cessazione totale dell’arricchimento e della weaponization​ (Cnn).

L’Iran, dal canto suo, continua a sostenere che il proprio programma nucleare ha scopi esclusivamente civili. Tuttavia, l’Aiea (l’Agenzia internazionale per l’energia atomica) ha recentemente riportato che Teheran dispone di circa 275 kg di uranio arricchito al 60%, una quantità potenzialmente sufficiente per la produzione di armi​ (Reuters).

Il governo iraniano ha posto diverse condizioni, tra cui la fine del linguaggio minaccioso da parte americana e il non coinvolgimento di temi relativi al proprio programma missilistico​ (Nyt).

Come si svolgono i proximity talks

I colloqui seguono lo schema dei proximity talks, con le due delegazioni in stanze separate e i mediatori omaniti a fare da ponte​ (Il Sole 24 Ore). Solo alla fine del primo round dei colloqui, sabato 12 aprile, c'è stato un breve scambio diretto tra Witkoff e il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi.

Questo approccio riflette la profonda sfiducia tra le due parti. L’Iran ha sottolineato che continuerà a negoziare “fase per fase” e che qualsiasi progresso dovrà essere accompagnato da garanzie credibili sulla revoca delle sanzioni​  (Sky News).

L'Iran e gli Stati Uniti non intrattengono relazioni diplomatiche formali dalla nascita della Repubblica islamica nel 1979, quando 52 americani furono tenuti in ostaggio per 444 giorni all'interno dell'ambasciata statunitense a Teheran. Nei decenni successivi, le relazioni tra i due governi sono state caratterizzate da diffidenza e ostilità.

Il pungo duro di Trump e lo svantaggio iraniano

I colloqui di queste settimane mettono in evidenza la profonda differenza tra i tentativi dell'amministrazione Biden di rilanciare l'accordo nucleare del 2015 e la posizione in cui si trova oggi l'amministrazione Trump: una posizione con vantaggi drammaticamente cambiati per Washington e un Iran molto più debole e vulnerabile.

Gregory Brew, analista senior sull'Iran e l'energia presso la società di consulenza sui rischi politici Eurasia Group, ha dichiarato alla Cnbc che "Gli iraniani sono un po' più disperati di quanto non fossero nel 2022, e si trovano di fronte a un'economia molto debole". Per questo  “la loro posizione interna e la situazione di malcontento è destinata a peggiorare. Quindi hanno interesse a ottenere un accordo al più presto, e Trump sta dando loro l'opportunità di ottenere tale accordo". 

L’ex presidente Joe Biden è stato anche limitato dall'opinione pubblica, ha osservato Brew, mentre Trump non ha le stesse limitazioni: il presidente è già visto come un falco rispetto all'Iran e ha reintrodotto le sanzioni di "massima pressione" sul Paese subito dopo il suo insediamento.

Gli interessi economici in gioco

Intanto, nei giorni scorsi, il presidente Trump ha bloccato un progetto di attacco israeliano ai siti nucleari iraniani a favore di un accordo con l'Iran (Reuters). 

Trump ha bisogno di ottenere almeno un successo diplomatico per rafforzare la sua posizione politica interna ed estera. In gioco non ci sono solo equilibri regionali ma anche interessi economici: secondo il Quincy Institute, il mancato commercio con l’Iran è costato agli USA fino a 175 miliardi di dollari in esportazioni perse​.

Cosa succederà il 19 aprile?

Sabato, a Roma, le delegazioni torneranno a confrontarsi. In un clima ancora carico di incertezze, questo secondo round sarà cruciale per capire se esiste lo spazio per una nuova intesa.

Un accordo serio sarà estremamente complicato e tecnico e richiederà tempo, perché dovrà superare gli sforzi per minare i colloqui da parte dei sostenitori della linea dura in entrambi i Paesi e in Israele. Nonostante questo e la loro sfiducia nei confronti di Trump, gli iraniani pensano che il nuovo presidente americano sarebbe in grado di garantire la sostenibilità di un accordo da lui stipulato e di affrontare i suoi stessi sostenitori repubblicani (Nyt).

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