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Attentato alla sinagoga di Gerusalemme: come abbiamo scelto le parole

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di: redazione
2/2/2023
Attentato alla sinagoga di Gerusalemme: come abbiamo scelto le paroleAttentato alla sinagoga di Gerusalemme: come abbiamo scelto le parole

Nei giorni scorsi alcuni abbonati ci hanno scritto le loro opinioni su uno dei punti della rubrica “Che Settimana!”, pubblicata nel briefing di domenica 29 gennaio, che riassume i fatti più importanti che sono avvenuti nei sette giorni appena trascorsi.

La frase in questione è la seguente:

“Nove palestinesi sono morti in un raid israeliano a Jenin; sette persone sono rimaste uccise in un attentato a una sinagoga di Gerusalemme rivendicato dal Jihad.”

GOOD MORNING ITALIA, BRIEFING 29/01/2023

Le mail arrivate in redazione riguardano in primo luogo l’utilizzo dei termini “palestinesi” e “persone“: per alcuni abbonati, l’uso della parole “persone” riferita ai morti nell’attentato avvenuto fuori dalla sinagoga Ateret Avraham nel quartiere ortodosso di Neve Yaakov, a Gerusalemme, sarebbe migliorativo, riconoscendo loro il fatto di essere persone, mentre i morti in seguito al raid dell’esercito a Jenin sarebbero indicati genericamente come “palestinesi”.

All’opposto altri abbonati ci hanno scritto per dirci che usare “persone” per indicare le vittime dell’attentato nei pressi della sinagoga equivalga a utilizzare un termine vago e quindi sminuente nei loro confronti.

Altri commenti hanno invece sottolineato che percepivano una differenza nell’uso dei verbi: “i palestinesi muoiono, le persone sono uccise“.

Un’ulteriore osservazione arrivata in redazione riguarda l’utilizzo della parola “neutralizzato” nel briefing di sabato 28 gennaio, riguardo all’uccisione dell’autore dell’attentato fuori dalla sinagoga Ateret Avraham.

Dopo aver ricevuto queste segnalazioni, consapevoli del fatto che le vicende di quell’area sono delicate e toccano sensibilità profonde quanto differenti, ne abbiamo discusso in redazione, riesaminando le cronache e il lavoro fatto per realizzare il briefing.

Riguardo alla scelta di utilizzare la parola “persone” al posto di “ebrei” o “israeliani”, ci sono diversi motivi legati alla cronaca dei fatti:

  • una delle sette vittime dell’attentato davanti alla sinagoga, come ha scritto The Times of Israel, era una cittadina ucraina: non avendo informazioni sul fatto che la donna avesse anche la cittadinanza israeliana, usare la parola “israeliani” sarebbe stato impreciso;
  • secondo le cronache dell’accaduto, riportate da Bbc, l’attentato ha avuto luogo fuori dalla sinagoga, in concomitanza con l’uscita dalla preghiera di inizio dello Shabbat, ma secondo la ricostruzione del Jerusalem Post, l’attentatore “ha aperto il fuoco contro le persone che camminavano nelle vicinanze”. Nel momento in cui è stato scritto il briefing di domenica né successivamente abbiamo trovato conferma che le vittime fossero tutti fedeli che uscivano dalla funzione che si era svolta nella sinagoga: se così fosse, poteva essere corretto anche indicare le sette vittime come “ebrei”;
  • infine, nel lavoro di sintesi spesso è utile e necessario per garantire la chiarezza e la leggibilità dei testi ricorrere all’uso di sinonimi: da parte nostra, nel caso specifico il termine “persone” non ha comunque un valore né migliorativo né peggiorativo.

Allo stesso modo, per esaminare anche il secondo aspetto che è stato oggetto di commenti, l’utilizzo dei verbi “morire” ed “essere uccisi” è dovuto alla necessità di evitare una ripetizione nell’ambito della sintesi che caratterizza la rubrica “Che settimana!”. Per completezza, nei briefing di venerdì 27 gennaio e sabato 28 gennaio i due avvenimenti erano stati raccontati utilizzando in entrambi i casi la forma passiva “sono stati/e uccisi/e”.

Infine, il termine neutralizzato è stato ripreso dall’articolo della Bbc, linkato poco più avanti, che riportava la cronaca dell’evento, che attribuisce l’espressione, mettendola tra virgolette, alla polizia israeliana. In questo caso, per maggiore precisione, avremmo dovuto utilizzare a nostra volta le virgolette. Inoltre, riflettendoci, riconosciamo che il termine non chiarisce se l’attentatore sia stato arrestato o, come è effettivamente avvenuto, ucciso.

Siamo consapevoli della complessità e della delicatezza della questione a cui i commenti che ci avete inviato si riferiscono: proprio per questo motivo è importante ragionare sulle parole che utilizziamo e cerchiamo di farlo nel modo più possibile fedele alla cronaca.

Le vostre segnalazioni, in questo senso, sono importanti perché ci forniscono l’opportunità di ragionare sul lavoro fatto e, quando necessario, ammettere e correggere i nostri errori.

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