Il G7 che si apre il 15 giugno nella città canadese di Kananaskis, segna il cinquantesimo anniversario di un forum intergovernativo creato nel 1975 originariamente come Gruppo dei Sei per rispondere a una crisi economica globale, in particolare alle conseguenze dell'embargo petrolifero imposto dall’Opec nel 1973. L’idea alla base era di dar vita un momento di incontro informale per i leader delle economie industrializzate dell’epoca — Francia, Germania dell’Ovest, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti — per discutere e coordinare strategie in ambito economico e monetario. Il Canada si unì l’anno seguente, completando la formazione del G7 così come lo conosciamo oggi, affiancato dall’Unione europea che, pur non essendo uno Stato, partecipa regolarmente ai lavori con il presidente della Commissione e quello del Consiglio europeo (Reuters).
Il G7 non ha uno statuto legale né un segretariato permanente. Le decisioni prese nei vertici annuali non sono vincolanti, ma hanno un valore politico considerevole. Con il tempo, il G7 ha esteso il suo raggio d’azione ben oltre le questioni economiche, occupandosi anche di politica estera, sicurezza, cambiamento climatico e sviluppo globale. Diversamente dal G20, fondato nel 1999, che ha inglobato nel tempo anche le economie emergenti e oggi rappresenta circa l’80% del PIL globale, il G7 è rimasto un consesso ristretto (Time).
L’ingresso della Russia nel 1997, trasformandolo nel G8, fu il tentativo occidentale di includere Mosca in un sistema di governance globale dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Tuttavia, l’esperimento fu interrotto nel 2014 a seguito dell’annessione illegale della Crimea: i leader occidentali, riuniti a L’Aia, decisero l’espulsione di Mosca dal gruppo come segnale politico di condanna. L’episodio segnò il ritorno a dinamiche da guerra fredda, aggravate dalla mancanza di una struttura giuridica che potesse imporre sanzioni efficaci: l’esclusione fu di natura esclusivamente simbolica (Nyt).
Da allora, la Russia ha cercato nuove alleanze all’interno dei Brics (che unisce le economie di Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) e in ambiti meno ostili, come quello rappresentato da leader autoritari o semi-autoritari. La questione del suo possibile rientro nel G7 è tornata alla ribalta con Donald Trump. Il presidente americano ha più volte definito un errore l’esclusione della Russia, sostenendo che la sua presenza avrebbe potuto prevenire il conflitto in Ucraina. Secondo Trump, reintegrare Mosca migliorerebbe la capacità del gruppo di affrontare crisi globali, una posizione che ha generato frizioni con altri leader occidentali (Politico).
Il vertice del 2024 a Borgo Egnazia, in Puglia, è stato uno dei più ricchi di contenuti e simbolismi. Papa Francesco è stato il primo Pontefice a prendere parte a un G7, ponendo l’accento sull’etica dell’intelligenza artificiale, lanciando un monito sull’uso irresponsabile dell’AI e chiedendo che le decisioni, soprattutto quelle belliche, restino in mano agli esseri umani.
Sul tema dei diritti, il summit però ha mostrato alcune crepe. La dichiarazione finale ha evitato un riferimento esplicito al diritto all’aborto, sostituendolo con una formula generica sui diritti sessuali e riproduttivi. Secondo le ricostruzioni, l’ambiguità sarebbe stata una concessione al governo italiano, che non voleva urtare la sensibilità del Pontefice (Euronews).
Tra i risultati principali del summit, i leader hanno approvato uno stanziamento di 50 miliardi di dollari a favore dell’Ucraina, utilizzando i proventi derivanti dai beni sovrani russi congelati nei paesi occidentali. I Paesi hanno inoltre promesso maggiore coordinamento nella regolamentazione dell’AI, investimenti per lo sviluppo sostenibile in Africa, e l’avvio dell’iniziativa "Apulia Food Systems" per migliorare la sicurezza alimentare globale (Linkiesta).
Cinquant’anni dopo il primo incontro tra leader delle maggiori democrazie industriali, il G7 è arrivato alla sua edizione 2025 in un contesto geopolitico teso e con interrogativi sulla sua rilevanza. Secondo Bloomberg, l’influenza del gruppo è in declino visto che oggi rappresenta meno del 30% del Pil mondiale e circa il 10% della popolazione ed è minacciata da due forze: da un lato, l’assertività di potenze autoritarie come la Russia; dall’altro, la disgregazione interna rappresentata dal ritorno alla Casa Bianca di Trump e dal suo approccio unilaterale e isolazionista.
L’edizione di quest’anno, ospitata dal premier canadese Mark Carney si concentrerà su tre priorità: sicurezza interna e lotta alla criminalità transnazionale; energia e digitalizzazione; e partenariati per lo sviluppo infrastrutturale. A queste si aggiungono dossier globali come l’Ucraina, Gaza, l’Iran, le tensioni nel Mar Cinese Meridionale e la sfida tecnologica con la Cina (Council on foreign relations).
Il summit di Kananaskis è l’occasione anche per cercare di ridisegnare alcune relazioni internazionali, non sempre semplici da gestire. La presenza del primo ministro indiano Narendra Modi ha suscitato malumori all’interno del parlamento di Ottawa e tra gli attivisti sikh, viste le accuse di coinvolgimento del governo di Nuova Delhi nell’omicidio di un leader separatista sikh proprio sul suolo canadese. Anche l’invito alla presidente messicano Claudia Sheinbaum è stato letto come un tentativo di raffreddare le tensioni dopo le pressioni di alcuni leader provinciali canadesi per escludere il Messico dai futuri accordi commerciali (Cbc).
In questo contesto, la figura di Trump incombe. Dopo aver smantellato il sistema multilaterale nella sua prima presidenza, ora minaccia di compromettere anche questa edizione del G7. Secondo Policy Magazine, la prospettiva di un’esplosione pubblica al summit è concreta: Trump potrebbe rifiutare il comunicato finale, come già fatto in passato, e usare l’occasione per rilanciare la sua agenda protezionista e bilaterale, dopo i recenti annunci riguardanti l’aumento dazi e le dichiarazioni ambigue sull’unità del gruppo.
Il rischio è che, senza un chiaro segnale di coesione e capacità di affrontare sfide comuni, il G7 perda definitivamente la sua rilevanza. E mentre le crisi globali si moltiplicano — dai conflitti regionali alle transizioni energetiche e digitali — non è detto che basti il peso storico del gruppo per mantenerlo in vita. La sopravvivenza del G7, oggi più che mai, dipende dalla sua capacità di reinventarsi senza rinunciare al multilateralismo che ne ha ispirato la nascita.